Thursday, August 31, 2006

31 Agosto 1943 *** 63 ANNI FA IL PRIMO BOMBARDAMENTO DI PESCARA



di Romano Di Bernardo
Avevo solo 8 anni ma sapevo riconoscere gli aerei militari italiani e tedeschi anche in lontananza, ma…quel giorno di fine agosto il rumore dei motori che si sentiva in lontananza sul mare era diverso. Giocavo con i soliti amichetti con i quali avrei dovuto tra qualche giorno condividere il rientro a scuola per frequantare la IV elemntare. Era l’ora del pranzo e già dalle cucine di S. Silvestro arrivava l’odore di pasta e peperoni fritti.
Mi fermai ad osservare il cielo azzurro proprio mentre mia madre si affacciava preoccupata alla finestra del primo piano.
Anche se questi ricordi appartengono ad un passato ormai lontanissimo è necessario riproporlo alle nuove generazioni di pescaresi perché si rendano conto che oggi, nonostante i mali che affliggono la nostra società, i bambini possono guardare al cielo limpido di una giornata di fine agosto senza temere che da quel meraviglioso sfondo azzurro sbuchi una “fortezza volante” con il suo carico di morte.
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Dalla rubrica “LA MIA GUERRA” pubblicata da “Il Centro” voglio pubblicare uno stralcio del mio racconto dove rivivo il terrore e la meraviglia della gente della mia borgata al momento del primo avvistamento della formazione aerea che stava per sganciare su Pescara una pioggia di bombe.


“Il rombo intanto diventava sempre più forte e molti vicini richiamati sulla strada da quello strano frastuono, si misero ad osservare il cielo schermandosi gli occhi con le mani a causa del sole di agosto che da poco aveva superato lo Zenit.

Tutti guardavano in alto ma nessuno scorgeva ancora 1a fonte di quel fracasso che ora penetrava fin dentro il cervello.

Giuseppina di "Pelacane" era una povera donna abbandonata dal marito, ubriacone e violento, una decina d'anni prima, ed ora viveva facendo la cuoca alla refezione scolastica, ma quando poteva, portava dell'acqua fresca a qualche famiglia priva di braccia forti attingendola al pozzo privato di Minacce di "Sgajozze".

La conca che tracimava leggermente ad ogni passo della donna bagnandole il viso accalorato dalla fatica, poggiava sulla “spara", ovvero "mappina" (o "mandricchione"), piccola tovaglia da cucina arrotolata sulla testa per ammorbidire l'impatto.

Ricordo il grido di "Zi Peppine di Ballone" quando vide 1a prima formazione di aerei che entrava dal mare ad un'altezza incredibile per quei tempi: "Madonne di lu Rusarie!".

Ballone cominciò a contare con la voce tremante e con gl occhi sbarrati: "tre... sei... nove... dodici... Madonne di li Rusarie... San Silvestre mie... aiutace tu...". Quasi per contagio collettivo tutti invocavano il Santo e la Madonna della Borgata prima che quei piccolissimi punti bianchi ordinatamente raggruppati in formazione simili alle anatre che a dicembre entrano dall'Adriatico per fuggire alla bora, aprissero le loro pance pel liberare le bombe dai sostegni.

Era l'ora di pranzo e la gente, sia pure con il fronte ir Sicilia, non conosceva ancora il volto più mostruoso della guerra…”

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